Dario Hübner nasce a Muggia, in provincia di Trieste, il 28 aprile del 1967.
Gioca come attaccante nella squadra del suo paese, la Muggesana fino all’età di 20 anni alternando il calcio al lavoro di carpentiere.
Il destino però vuole che il ragazzotto molli le lamiera d’alluminio e sfondi nello sport; così, dopo una buona stagione al Pievigina in interregionale condita da 10 reti, diventa un calciatore professionista venendo ingaggiato dal Pergocrema in serie C2. L’esperienza nel cremasco dura solo una stagione dopodiché il buon Dario finisce a Fano. Qui resta tre stagioni, dall’89 al ’92 vincendo un campionato ed una classifica cannonieri (nella stagione 1991-92) sotto la sapiente guida di un giovane Francesco Guidolin e si guadagna il soprannome che lo seguirà poi in tutta la sua carriera: il bisonte o, nella versione indiana, Tatanka.
Nel 1992 si sale ancora di categoria, serie B, destinazione Cesena.
Hubner giocò 4 stagioni nel Brescia |
In bianconero Hübner cresce ancora fino a vincere la classifica marcatori nella stagione 1995-1996 con 22 gol. I grandi club cominciano ad interessarsi a lui, ma vuoi per un motivo, vuoi per un altro, il trasferimento non si concretizzerà mai ed il giocatore rimarrà in Romagna.
La serie A però è un richiamo troppo forte ed il bomber italo-austriaco ha ampiamente dimostrato di meritarsela. Alla veneranda età di 30 anni finalmente il “bisonte” riesce a coronare il sogno di giocare nella massima serie italiana grazie al Brescia, che punta forte su di lui per rinforzare il reparto offensivo. L’impatto iniziale è devastante: gol all’esordio contro l’Inter (in una partita che verrà ricordata però per il debutto di Ronaldo con la maglia neroazzurra) e tripletta alla Sampdoria alla seconda giornata. Alla fine i gol saranno 16 e non basteranno a salvare le rondinelle. Si riparte allora dalla serie B, altro giro, altra corsa e Tatanka, a suon di reti, trascina i ragazzi allenati da Carletto Mazzone alla promozione.
La stagione successiva fa coppia in attacco con un mostro sacro come Roberto Baggio, anche se spesso il tecnico romano gli preferisce l’albanese Igli Tare. Lui non si scompone e a fine campionato raggiunge quota 17 reti. Le troppe esclusioni minano però il rapporto con la società ed allora nel 2001 si trasferisce al neopromosso Piacenza per 6 miliardi di vecchie lire, una cifra considerevole considerando l’età avanzata del giocatore. Ma come dice un vecchio proverbio, gallina vecchia fa buon brodo e Dario vive la sua migliore stagione di sempre, realizzando 24 gol, salvando la sua squadra e vincendo anche il titolo di capocannoniere (unico giocatore a riuscire a vincerla in tre categorie differenti). Nell’estate del 2002 viene aggregato alla rosa del Milan per la tournée americana ma purtroppo non riuscirà mai a lasciare il segno nelle 3 apparizioni.
Hubner durante la tournée estiva con il Milan |
L’avventura sui colli piacentini termina nel 2003 rescindendo il contratto e trasferendosi all’Ancona. Nella tragicomica squadra costruita dal presidente Pieroni, che poteva contare su vecchie glorie in declino come Jardel, Hedman e Maini, Hübner non ingrana mai e così, già nel mercato di riparazione invernale, cambia casacca e va a Perugia, dove segnerà i suoi ultimi 3 gol in serie A.
Nel 2004, piuttosto che accettare un ruolo da comprimario in una grande squadra, decide di ripartire da Mantova, C1. La scelta viene però ripagata dalla promozione in serie B e dopo questa gioia Tatanka dice addio al professionismo.
Riparte dai dilettanti bresciani dove segna con una facilità disarmante e dove viene anche squalificato per 1 anno (squalifica ridotta poi a 6 mesi)dalla LND per aver sottoscritto un contratto retribuito da professionista.
Appenderà le scarpe al chiodo solamente nel 2011, dopo 336 gol, all’età di 44 anni. Carattere schivo ed antidivo per eccellenza, Dario Hübner ha solo due debolezze: la grappa e le sigarette. Narra la leggenda che addirittura se ne fumasse una nell’intervallo tra il primo ed il secondo tempo di una partita.
Il suo presidente al Brescia, Gino Corioni, disse di lui: “Se avesse fatto vita da atleta sarebbe stato il più grande giocatore italiano di tutti i tempi”.
Questo potrebbe anche essere vero, ma siamo sicuri che lui ripensandoci abbozzerà un sorriso e ci fumerà sopra una sigaretta. Semplice, come fare gol.
Una classica foto del Bisonte a New York |
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